AreaNetworking ha intervistato Oliver Lagni.
ANW: In che città vivi e lavori attualmente?
OL: Vivo a Lille, Francia e lavoro a Bruxelles, Belgio.
ANW: In quale azienda lavori e con che ruolo? Di cosa ti occupi?
OL: Lavoro in IBM. Faccio supporto tecnico nell’ambito dei prodotti di sicurezza informatica di IBM (IPS e IDS, siano essi appliances o software su server Windows, Linux, Unix).
ANW: Da quanto sei all’estero?
OL: Da più di 3 anni ormai.
ANW: Avevi già avuto esperienze di vita all’estero?
OL: No, è la mia prima esperienza all’estero.
ANW: Cosa ti ha spinto a migrare?
OL: Mah, l’esperienza all’estero mi ha sempre attirato. Noi informatici sappiano che il mondo è grande, lo sappiamo un po’ meglio degli altri solo perchè da più tempo sappiamo usare Internet e le tecnologie le troviamo quotidianamente nel nostro lavoro come anche dall’altra parte del mondo. Basta poi aggiungere la classica frustrazione dell’informatico medio che si rende conto che il suo collega, a qualche centinaio di km da casa sua giusto dopo il confine, guadagna meglio di lui e le condizioni di lavoro sono migliori.
Nel mio caso la scintilla si è accesa quando mia moglie ha trovato un buon progetto di ricerca presso l’Università di Lille. L’offerta era buona e soprattutto il progetto interessante. Io avevo poco da perdere, perchè il lavoro che avevo non mi dava grandi soddisfazioni e non avevo nessuna progettualità in termini di carriera, nonchè lo stipendio che avevo era molto basso e il contratto vergognoso (apprendista a 26 anni, dopo 7 anni di lavoro sempre nello stesso ambito!). E’ vero che spesso mi divertivo ma è vero anche che non avevo granchè da perdere.
Pensavo poi che l’esperienza all’estero mi avrebbe dato una marcia in più e che avrei avuto la possibilità di realizzarmi in un percorso di carriera.
ANW: Hai subito uno sconvolgimento delle tue abitudini?
OL: Beh, sì. Abitando all’estero parti da zero, devi capire come funzionano i vari servizi, usi e costumi locali, orari e soprattutto amici. Quando son partito ho lasciato tutto quel tessuto sociale e di amicizie che ho costruito, volente o nolente in 26 anni. All’estero parti da zero, sei da solo (o meglio noi eravamo in due).
Sono quindi cambiate molte dinamiche, compreso il fatto che ogni tanto rientro in Italia a vedere genitori e amici e a ricaricarmi. Tutte dinamiche nuove.
ANW: Dal punto di vista culturale e sociale, quali cambiamenti hai constatato?
OL: Nonostante i francesi siano i nostri cugini e il popolo che ci assomiglia di più in Europa, è inutile dire che sono molto diversi da noi italiani. Io poi, lavorando in Belgio, vedo anche una parte di Europa che è completamente diversa dal mondo francese.
Che cambiamenti ho constatato? Tantissimi, potrei andare avanti ore ;-). Inanzitutto qui c’è molta più immigrazione, francesi e immigrati (per la maggior parte magrebini) vivono insieme, anche se il modello di integrazione francese non è di sicuro il migliore.
Il modo di lavorare è diverso. In Belgio si lavora 40 ore a settimana, con il riposo compensativo in quanto i contratti prevedono 38,5 ore invece che 40. L’ambiente è multiculturale e vivace. Come persona sei più rispettata, hai le ferie da fare, se non le fai il tuo capo ti manda un gentile reminder dove indica che le devi fare entro il 31/12. Le ferie sono viste come un riposo necessario per rigenerarsi. In Veneto le ferie sono ancora un tabù.
ANW: Quanto difficoltoso è stato il tuo ambientamento?
OL: E’ stato difficoltoso, lo ammetto. Ma è stato divertente. Partire sapendo il francese a malapena, doverlo imparare facendo dei corsi dov’ero in mezzo a ragazze alla pari o a badanti e studenti è stato divertente. E’ stata difficoltosa tutta la parte burocratica e l’integrazione con i francesi. Lavorando in Belgio e non potendo frequentare molto i colleghi fuori orario lavorativo ho avuto molte difficoltà a conoscere persone del posto. Non è invece stato difficile conoscere italiani e altre persone straniere trasferitesi qui per lavoro.
ANW: Quale considerazione c’è degli italiani e in generale dell’Italia nel paese in cui ti trovi?
OL: Come italiani dipende. Siamo visti spesso come i “furbi”, quelli che sanno come imbrogliare. Questo anche a causa della recente storia di immigrazione qui nelle miniere. Siamo arrivati in massa e nella massa c’erano i furbi. A Bruxelles invece, dove di italiani ce ne sono tantissimi, siamo visti bene, siamo considerati bravi lavoratori.
L’Italia? Tutti i francesi o belgi o altro che ho incontrato, sono innamorati dell’Italia, ci vanno in ferie, ti sanno dire i nomi dei vari cibi, dei vini, delle isole o le località di mare, persino i nomi degli attori e dei film. Ti dicono che la lingua italiana suona meravigliosamente, a volte la sanno pure parlare. Il mio capo stesso va spesso in Italia per le vacanze e qui, quando arriva Maggio-Giugno, cominci a vedere belgi e olandesi che con la roulotte o la station-wagon zeppa riempiono le autostrade puntando verso Sud. Quindi l’Italia è un paradiso per tutti loro. Poi, quando si tratta di confrontarsi in ambito politico la storia cambia. Più volte, colleghi e amici hanno parlato dell’Italia come di un paese incivilizzato, paese dei furbi e degli imbroglioni, cercando più volte riscontro e risposte in me. Non riescono a rendersi conto di come possiamo essere arrivati così in basso. Spesso, devo ammettere, mi sento che siamo gli zimbelli d’Europa, ma qui si va fuori discorso.
ANW: Visto il periodo: quanto si è sentita la crisi economica nel tuo paese? Quali cambiamenti ha apportato?
OL: Ho cominciato a sentirla subito dopo che sono stato assunto in IBM (settembre 2006); Da quel momento molti budget sono stati bloccati e ancora adesso sono “freezati”. Poi pian piano ho cominciato ad avvertire una diminuzione dell’offerta di lavoro nel mercato IT e i rumors di budget bloccati qua e la’ nelle varie multinazionali americane. Anche l’altro giorno poi alla radio ho sentito che in HP a Brussels sono state licenziate oltre 300 persone. Notizie di questo tipo purtroppo sono frequenti ultimamente.
ANW: Dal punto di vista professionale, quali differenze hai potuto notare rispetto all’Italia?
OL: Ci sono moltissime differenze. Prima di tutto lavoro per una multinazionale americana. Il modo di lavorare e il clima è diverso per esempio da quello che può essere una multinazionale tedesca. L’ambiente tedesco tende a essere più rigido e la struttura gerarchica aziendale tende a bloccare al tuo livello la comunicazione e le collaborazioni tra persone. L’ambiente americano è giusto l’opposto. La struttura gerarchica esiste ma spesso si lavora con una struttura a matrice che non e’ rigida e la comunicazione/collaborazione tra team e persone è libera e ben vista. Questa è almeno la mia esperienza.
In secondo piano poi c’è il modo di lavorare. In Belgio c’è più un modo “anglossassone” di lavorare, molto diverso dal modo “latino”. In sostanza viene sempre premiata la capacità, l’esperienza, la buona volontà. In Italia, sempre secondo la mia esperienza, è molto difficile avere un’evoluzione di carriera e quando c’è l’occasione viene premiata la simpatocrazia piuttosto che la vera competenza delle persone. Ho già visto succedere questo più volte in Italia
In Italia è difficile passare di livello, vedersi le proprie competenze riconosciute, ricevere della formazione in maniera costante, avere un aumento di stipendio; in Belgio no. A me dopo due anni è stata proposta una posizione di senior nel mio team. Movimenti interni al team avevano creato questa occasione e non è stato difficile per me averla.
Sentire poi che il proprio lavoro è apprezzato e riconosciuto è stata una piacevole sorpresa! Sarà il modo americano, ma sentirsi dire grazie dal proprio capo ogni qualvolta si fa un buon lavoro è qualcosa che in Italia non mi era mai capitato. La riconoscenza ricevuta crea un circolo virtuoso nel team che spinge tutti a cercare sempre di lavorare al meglio. In Italia? Mai visto nulla di simile!
ANW: Come descriveresti il processo di selezione ed assunzione nel paese in cui ti trovi?
OL: I vari processi di selezione che ho visto tra Francia e Belgio sono molto diversi rispetto all’Italia. All’estero il processo di selezione è più lungo e c’è almeno un’intervista tecnica che mira a selezionare i candidati sulle capacità, esperienze e competenze. Esiste la possibilità di referenziare un candidato, perchè sono un suo amico, parente o conoscente, ma questo candidato verrà intervistato e selezionato come tutti gli altri. Se tecnicamente non è all’altezza dei requisiti, verrà scartato durante il processo. In Italia non mi è mai stata fatta un’intervista tecnica!
ANW: Sei laureato o possiedi particolari titoli di studio istituzionali?
OL: No, non sono laureato, sono diplomato e possiedo alcune certificazioni Microsoft e Cisco (Microsoft MCP, Cisco CCNA, CCNP, CCIP).
ANW: In Italia si parla spesso di cervelli in fuga. E’ presente anche all’estero questo fenomeno? In quali proporzioni?
OL: Che sappia io non è presente o comunque non nella stessa quantità.
ANW: A livello quantitativo, com’è la richiesta di lavoro rispetto all’Italia? Cosa si ricerca maggiormente?
OL: Domanda un po’ generica. In linea di massima c’è più richiesta nel mercato IT rispetto all’Italia. Non so quali siano i profili più ricercati, sicuramente nel mio ambito c’è abbastanza richiesta.
ANW: Da quanto hai potuto vedere, qual è la forma di rapporto lavorativo più diffuso? (Dipendente, freelance, contratti a tempo determinato, etc).
OL: In Belgio funziona molto il consulente freelance, l’alternativa è il contratto a tempo indeterminato. Il freelance in Belgio è una figura un po’ diversa dai nostri liberi professionisti in partita IVA. Spesso queste figure devono rispettare le 40 ore settimanali di lavoro e sono pagati a giornata. Spesso hanno contratti da 6-12-18 ma anche 24 mesi e sono richiesti per specifici progetti. Sono invece rari i contratti a tempo determinato.
In Francia invece i più diffusi sono i contratti a tempo indeterminato. Per la cronaca: di tutte le opportunità che mi sono passate per le mani in questi ultimi tre anni, non mi è stato MAI proposto un contratto diverso dal contratto a tempo indeterminato!
ANW: Come rapporti la retribuzione rispetto a quella italiana? Quali differenze ci sono? E’ effettivamente più alta?
OL: Sì, è più alta. A questo però bisogna aggiungere il costo della vita che è un po’ più alto all’estero.
In Belgio spesso (grazie agli sgravi fiscali del governo), c’è la possibilità di avere l’auto aziendale e la carta carburante. Questo permette di avere una vettura personale (di solito di buona qualità anche se non si è manager), utilizzabile anche per uso privato senza alcun limite. Questo ovviamente è un gran benefit che in Italia raramente esiste.
Il lavoro d’informatico è comunque meglio pagato rispetto all’Italia anche in Francia.
ANW: Qual è il tenore di vita? Cambia effettivamente il costo della vita e di quanto?
OL: Il tenore di vita è più che buono, insomma si sta bene e c’è la possibilità di risparmiare qualcosa a fine mese. Il costo della vita è più alto per certi aspetti e più basso per altri (gli affitti sono più cari ma il ristorante è più economico, etc).
ANW: Come funziona la tassazione? Com’è la pressione fiscale?
OL: In Belgio molto alta (oltre il 40% nel mio caso). In Francia un po’ più alta che in Italia.
L’impressione generale è che si pagano le tasse ma i soldi tornano indietro nel momento in cui ce n’è bisogno (parlo di difficoltà/necessità sociali).
ANW: Cosa non ti manca dell’Italia?
OL: Non mi mancano tutte le difficoltà che si hanno in ambito lavorativo, parlo di organizzazione, di ferie, di riconoscimenti, di formazione inesistente, di imprenditori improvvisati, di gerarchia aziendale basata sull’età e sulla simpatia piuttosto che sui meriti. Non mi manca la capacità degli italiani di lamentarsi sempre per tutto per poi invece accettare sempre tutto.
Non mi manca l’inefficienza delle strutture pubbliche, la politica, la televisione e i TG. Non per ultimo, non mi manca la tendenza frequente dell’italiano medio di sfuggire alle regole, del fare il furbo del farsi raccomandare in qualsiasi occasione.
ANW: Cosa, invece, ti manca dell’Italia?
OL:Sembrerà strano ma prima di tutto mi manca il contatto con il territorio. A volte mi immagino di voler guidare su certe strade o andare in qualche piazzetta a passeggiare. Il paesaggio montano poi che vedo dal mio paese è un’altra cosa che mi manca. Poi la famiglia e gli amici, anche se dopo un po’ ci si abitua e comunque facilmente e velocemente si può ritornare in Italia. Mi manca poi il clima, svegliarsi la mattina e vedere un cielo azzurro piuttosto che grigio è una cosa che aiuta ad essere un po’ più felici (provare per credere).
ANW: E’ una scelta permanente o ritieni che un giorno tornerai nel bel paese?
OL: Nulla è permanente e ci sono tanti bei posti da provare. Non per ultimo, solo quando si lascia il Belpaese ci si rende conto che l’Italia è bella e si sta abbastanza bene. Molti italiani all’estero alla fine vorrebbero tornare, magari l’atteggiamento iniziale è un po’ snob, ma indagando un po’ più in profondità ci si rende conto che il desiderio c’è.
Tutto sta nel mettere sulla bilancia le proprie necessita’ personali e lavorative, è un compromesso tra te e te. Ovvio che se avessi una buona opportunità lavorativa in Italia, vicino alla mia città non me la lascerei sfuggire.
ANW: Cosa ti senti di dire a chi vorrebbe compiere la tua stessa scelta? Quali caratteristiche sono necessarie al fine di affrontare al meglio questo cambiamento?
OL: Io consiglio fortemente l’esperienza all’estero a tutti. E’ un’esperienza che ti cambia e fa crescere, apre la mente e da’ una visione più globale della realtà. Io mi sento un cittadino europeo ora, non più solamente italiano.
Premetto poi che non tutti sono portati alla vita da emigrante. Prendere e lasciare i propri spazi, già ben delineati e con cui si ha già la massima confidenza, lasciare amici e comodità per atterrare in un posto nuovo, dove non ci sono riferimenti e dove non si conosce nessuno non è facile. E’ però fattibile, avventuroso e molto stimolante. Richiede un minimo di flessibilità e di adattabilità. Gli italiani poi sono ovunque e spesso sono molto disponibili ad offrire il loro aiuto ai connazionali appena arrivati. Se poi siete un po’ stanchi della mediocrita’ che vi circonda in Italia o lavorativamente non siete per nulla soddisfatti, è il momento di partire. Non sarà certo molto piu’ facile all’estero, ma avrete delle belle soddisfazioni.
Vorrei lasciare quindi l’idea che partire non è banale ma una volta fatto il primo passo si è su una giostra che comincia a girare e dalla quale non si vorrebbe scendere.